Da piacere a necessità: disegni dal lockdown

Disegno dal lockdown di una nostra corsista

Da piacere a necessità: disegni dal lockdown.

“Quando sei qui con me, questa stanza non ha più pareti, ma alberi.”

Di recente abbiamo chiesto ai nostri corsisti di inviarci i loro disegni durante la quarantena. Abbiamo pensato che sarebbe stato un modo per sentirci vicini nella distanza. E per seguire da vicino le evoluzioni creative che un momento tanto complesso avrebbe saputo suggerire. Ne abbiamo ricevuti a centinaia, ogni giorno e a dire il vero ne stiamo ancora ricevendo. Sembra che in quei giorni chiusi in quattro mura la nostra creatività abbia trovato l’occasione per aprire un varco verso la sua libertà. Ciò che non ci consentiva di uscire di casa – il Covid-19 – ha fatto si che la nostra vita fosse definita da un dentro e un fuori.

Un ecosistema nuovo dove i confini, per la prima volta nella nostra vita erano chiaramente definiti.

Questo ha consentito a molti di abbassare il tono di voce del proprio censore interno, spesso particolarmente attivo attraverso le relazioni con gli altri. La nostra creatività bambina ha potuto fare capolino da un cespuglio esprimendosi senza timore del giudizio, il nostro in primis.

Oltre alla felicità di avervi saputi tutti al cavalletto, abbiamo iniziato a riflettere su quanto il disegno fosse salvifico, in certe occasioni. Certo, lo abbiamo sempre saputo e abbondantemente divulgato, ma in questa occasione possiamo dire di averne avuto la prova tangibile. Molti di voi, liberati da tutti quei “no” che si faticano a dire durante il giorno si sono confrontati con un cambio di considerazione. Sono passati dal disegno come passatempo alla necessità di ritagliare il proprio spazio di lavoro. A stabilire un percorso da seguire e nuove tecniche da approfondire. In sostanza, il disegno si è trasformato da passatempo a vera e propria necessità. Vediamo in questo articolo e con la giusta distanza di qualche settimana, di capire cosa ci sia successo.

In forma di diario.

I disegni che abbiamo ricevuto hanno tutti la caratteristica del diario visivo. Non importa la tecnica usata, ciò che conta è raccontare il proprio rifugio mentre si è in cerca di protezione.

Siamo abituati ad ammirare gli sketchbook dei grandi artisti o scrittori e raccontano tutti di un fuori, di ciò che si osserva durante i viaggi.

Qui si racconta un dentro, dove spesso il fuori è visto solo dalla finestra, oppure è ricordato o ridisegnato da una foto.

Il disegno, si è rivelato una via di fuga allo scorrere lento del tempo. Ma anche una possibilità di ritrovarsi ed autosostenersi, in un momento molto difficile per l’intera umanità.

Lo scorrere lento del tempo, le domande sul futuro. Cosa saremo dopo questa drammatica esperienza? Cosa ne sarà del lavoro o dell’istruzione dei nostri figli? Tutte queste domande dalla portata enorme, hanno trovato attraverso l’azione del disegnare, un temporaneo e lenitivo abbassamento di volume.

La straordinarietà non solo del disegno, ma dell’esperienza del disegno in sé, ci consente non certo di dimenticare le preoccupazioni, ma

di restare connessi alla nostra vita in modo costruttivo.

Ci consente di allontanare il pensiero catastrofico aprendo la strada ad una nuova costruttività positiva e propositiva, che solo l’azione del creare qualcosa, può dare.

Sentirsi in accordo col proprio disegno aiuta ad entrare in contatto con la propria autoimmagine positiva e questo ci consente di poter attraversare le stesse difficoltà con uno sguardo differente.

Imparare a fidarsi del proprio sguardo, missione di cui il disegno è portavoce, ci aiuta ad osservare la realtà delle cose, ad avere confidenza con gli eventi in corso e a sviluppare fiducia nelle nostre possibilità, pur nella consapevolezza delle difficoltà.

Non si tratta infatti di dimenticare, o peggio ancora negare gli eventi, ma di osservarli con occhi diversi. Perché cambia il modo in cui noi stessi ci osserviamo nel mondo.

Piantare un giardino, scrivere un libro, iniziare uno sketchbook o imparare una nuova lingua, testimoniano un grande spirito di resilienza, che si adatta al contesto e si prepara a ricominciare il proprio viaggio con qualcosa in più nel bagaglio che alleggerisce l’animo, anziché appesantirlo.

Vedute dalla finestra, ritratti di amici e parenti ma anche personaggi famosi e poi i fiori del proprio balcone, seguendone l’evoluzione durante i mesi, ma anche esercizi più affini alle tecniche di disegno, per riprendere da dove si era rimasti. Tutto fa pensare a un diario, a qualcosa che scelgo di raccontare non a caso e che custodirò in una cartella con un nome speciale. Se da una parte la preoccupazione per la nostra salute o quella dei nostri cari poteva bloccarci all’inizio, per chi ha avuto la fortuna di non doversi confrontare direttamente con il virus lo spirito si è in seguito alleggerito e molti di noi hanno addirittura trovato un equilibrio tutto proprio che hanno avuto serie difficoltà ad abbandonare, dopo il 4 maggio.

Mentre anch’io, come voi, ero in quarantena, mi sono avvicinata alla botanica e per la prima volta ho seminato un piccolo balcone di erbe aromatiche, germogliate quando siamo nuovamente usciti di casa: questo ha favorito il mio pensiero creativo attraverso la metafora del seminare e raccogliere, trasformando la mia casa in un incubatore, anziché una prigione. Non c’è niente da fare: quando il nostro pensiero creativo ci si siede accanto con il fare gentile di un genitore magnanimo, circondiamo di alberi le nostre pareti.

Tutto questo, è storia.

C’è un aspetto che finora non abbiamo considerato in questo post: al di là del disegno, sono moltissime le persone che hanno tenuto un diario, scattato foto o realizzato video.

Addirittura il regista Gabriele Salvatores ha raccolto tutte queste testimonianze all’interno di un documentario dal titolo “Viaggio in Italia”, come il viaggio che facevano i grandi artisti che venivano nel nostro paese per conoscerne dal vivo le meraviglie, raccontandole nei loro sketchbook.

Abbiamo tutti sentito la necessità di registrare questo momento in qualche modo e soprattutto di archiviarlo, come mai? Perché tutto ciò che abbiamo osservato, disegnato, fotografato, scritto e filmato, è storia. Se da una parte l’hashtag “Andrà tutto bene” sarà presto sostituito con la rapidità che solo il web conosce, sappiamo tutti che ricorderemo questi due mesi per sempre e tutto ciò che abbiamo realizzato sarà un pezzo di storia documentata. Noi, che ci stiamo pericolosamente lasciando un deserto di oblìo alle spalle se solo pensiamo a quante poche foto oggi stampiamo –  rispetto a quelle che scattiamo! -, siamo nuovamente ricorsi al bisogno atavico di lasciare traccia di noi affinché tutto questo sia ricordato, nella lunga distanza.

Alcuni dei vostri disegni dal lockdown:

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