Artisti e follia: una riflessione tra mito e realtà

Albrecht Durer, Melencolia I, 1514

Artisti e follia: una riflessione tra mito e realtà. L’arte e la follia hanno spesso danzato in un intricato connubio, un rapporto dibattuto nel corso dei secoli. Lunatici, egocentrici, stravaganti fino ad essere insopportabili. Gli artisti sono dei folli? Rudolf Wittkower, nel suo libro “Nati sotto Saturno”, esplorò l’idea che la melanconia potesse alimentare la creatività artistica. Tuttavia, tale prospettiva può essere contestata, soprattutto in luce delle teorie di Émile Durkheim sul suicidio.

L’interpretazione e la rappresentazione delle emozioni nell’arte sono state un elemento intrinseco della pratica artistica per secoli, con molteplici artisti che hanno esplorato la complessità delle emozioni umane in diverse epoche e stili: prendiamo ad esempio Albrecht Durer, che nel celebre lavoro Melancolia I dà a questa emozione un volto e un contesto.

Questo rendere visibile le emozioni attraverso la rappresentazione artistica, può forse essere un canale per sublimarle e dunque a non patirle.

Ma è soltanto un’ipotesi.

Durkheim suggerisce che gli artisti, contrariamente alle aspettative, potrebbero essere meno inclini alla follia, grazie alla solidarietà sociale all’interno della comunità artistica, ad esempio. La connessione e la comprensione reciproca potrebbero fungere da baluardo contro le sfide della vita.

In questo dialogo tra Wittkower e Durkheim, che abbiamo voluto mettere a paragone, emergono interrogativi cruciali sulla vera natura della relazione tra follia e creatività artistica.

Mentre Wittkower vede la melanconia come fonte di ispirazione, Durkheim suggerisce che il contesto sociale svolge un ruolo cruciale nel plasmare la salute mentale degli artisti.

Esplorare questi concetti può portare a una comprensione più sfumata e articolata della questione, dimostrando che la relazione tra arte e follia è un terreno molto più complesso da esplorare e certamente non così scontato come si creda.

Attraverso le lenti di Wittkower, la melanconia diventa un elemento catalizzatore per l’arte, una sorta di fuoco interiore che alimenta la creatività. Tuttavia, le argomentazioni di Durkheim ci invitano a considerare il contesto sociale come un elemento cruciale. La solidarietà all’interno della comunità artistica può fungere da rete di supporto, mitigando il rischio dell’emarginazione e della dolorosa sensazione di abbandono.

È però fondamentale interrogarsi su quale delle due prospettive offra una visione più accurata.

Come spesso accade, la verità risiede in una combinazione complessa di elementi: la melanconia può fungere da fonte di ispirazione, ma la comprensione reciproca tra artisti può ancorare la mente in modi che proteggono dalla deriva nella follia. L’entourage artistico è infatti sempre stato una parte fondamentale per lo scambio e la comprensione reciproca, alimentando il senso di appartenenza e di comunità, vitale ad ogni individuo, non solo agli artisti.

In questo intreccio di idee, emerge un ritratto sfaccettato degli artisti, sfidando l’idea convenzionale della mente creativa come luogo fertile per la follia. Esplorare questa dicotomia offre una panoramica approfondita sulla psicologia degli artisti e sulle molteplici forze che modellano la loro espressione creativa.

Wittkower e Durkheim, con le loro teorie ci aiutano a formulare una valutazione ben più complessa e delicata, fatta di molteplici sfaccettature. Quando si tratta il tema di artisti e follia, è importante valutare sia il mito che la realtà. Van Gogh è ricordato come un folle perlopiù da chi non ha un approccio approfondito con l’artista. Ma magari ne acquista volentieri un taccuino con la stampa de “I girasoli” al Van Gogh Museum di Amsterdam. L’artista olandese era un individuo profondamente riflessivo e sensibile. La sua intelligenza si manifestava attraverso una corrispondenza epistolare in cui esprimeva idee artistiche di grande spessore, idee filosofiche ed emotive in modo più che eloquente. Le sue lettere al fratello Theo, così come ad altri, offrono una visione approfondita della sua personalità complessa, dei suoi pensieri sulla vita, sull’arte e sulla società.

L’artista oggi.

Oggi per molti è ancora in voga il mito dell'”artista povero”. L’artista che suo malgrado continua a fare arte nonostante le difficoltà, eternamente alla ricerca di una sua posizione nel mondo. Questo è vero solo in parte: nella realtà, oggi in Italia la figura dell’artista è quella di un imprenditore o un’imprenditrice, a partita iva. Con tutte le difficoltà che incontra ogni partita iva in questo paese. Oggi l’artista non vive soltanto vendendo opere, ma mettendo a disposizione il suo talento in diversi ambiti, come ad esempio la realizzazione di workshop e corsi.

Il talento artistico è una forma di versatilità, che può andare dalla realizzazione di progetti in proprio, o unendo le forze con altre figure come architetti e designer.

Oggi siamo piuttosto lontani dalla figura dell’artista folle e questa è una buona notizia. Forse il nostro paese è un caso particolare in tal senso, perché nonostante una tradizione culturale di enorme rispetto sono ancora in pochi a riconoscere agli artisti il valore che meritano. Fuori dall’Italia ci sono paesi dove l’importanza dell’arte è tale, che il medico di base può addirittura prescrivere visite a mostre per prendersi cura di stati d’animo ansiosi o addirittura per lenire alcune forme di depressione. Ma passo dopo passo stiamo arrivando a queste conclusioni anche noi: l’Ospedale Apuane di Massa è un esempio virtuoso già da diversi anni, di come l’Arte possa integrarsi in ambito sanitario.

Nonostante il temperamento sicuramente fuori dall’ordinario di artisti come Caravaggio, Van Gogh, Borromini e molti altri, parlare apertamente di follia richiede un po’ più di cautela.

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