Autovalutazione e disegno.

Autovalutazione e disegno. Certamente, quando realizziamo un disegno che ai nostri occhi risulta mediocre, non proviamo una bella sensazione. Ma alcuni di noi sembrano accanirsi in maniera molto particolare dietro a un risultato considerato scarso. Tanto che spesso evitano proprio di disegnare per non inciampare nel malumore.

John Ruskin, nel suo libro “Gli elementi del Disegno”, parla di una sana insoddisfazione che accompagna il disegnatore nel suo cammino:

questa sensazione è la spinta al miglioramento. Ad andare oltre il proprio limite per salire un gradino in più nella nostra evoluzione di artisti. Dove non è la perfezione l’obiettivo, ma forse l’autenticità del nostro lavoro, o semplicemente il nostro appagamento personale. O perché no, anche la totale assenza di un obiettivo.

L’insoddisfazione sana, è ciò che ci porta a cambiare le tecniche, i soggetti da disegnare. A decidere qual è il nostro foglio e non ultimo, ad aggiustare il tiro se qualcosa nel disegno non ci torna.

Ma il timore del proprio giudizio è tra le ragioni principali che fa demordere le persone ad esempio dall’iscriversi al nostro corso. Oppure dall’intraprendere il disegno come autodidatti, coltivando il proprio hobby. Di seguito alcune delle frasi utilizzate come motivazioni, che a mio avviso “pizzicano” le corde di una valutazione di noi stessi un po’ troppo severa, o addirittura svalutante:

“Tanto ho sempre saputo di non essere in grado, chi me lo fa fare…”

“Se gli altri ci riescono e io no, mi sentirò in imbarazzo.”

“E se proprio con me non funzionasse?”

“Questo disegno non mi è venuto bene, tanto lo sapevo che con me non c’era speranza.”

“Avrei sempre voluto iscrivermi a un corso di disegno, ma non sono per niente capace a disegnare.”*

Il disegno ha senza dubbio delle implicazioni che riguardano una sfera molto intima di noi.

Se ci pensate, è la prima forma di “giudizio” o sarebbe meglio dire “considerazione” che gli altri esprimono sul nostro operato. Proprio nel momento in cui siamo più fragili e vulnerabili: da bambini. E per giunta dalle figure più importanti per noi in quel momento (i nostri genitori, i nostri insegnanti). E’ assolutamente comprensibile, da adulti, temere considerazioni negative sul proprio lavoro.

Intanto, mi sento di consigliarvi di evitare l’associazione che vede direttamente connessa al disegno una vostra valutazione personale (questo disegno non mi piace/Io non valgo, non ho talento, non riuscirò mai).

Si valutano i disegni, non le persone.

Purtroppo è molto difficile uscire dalla logica del voto a scuola, dove molti di noi vivevano un numero su una pagella come una sintetica e schiacciante valutazione di sé.

Spesso ho detto che nessuno conosce il francese, prima di iscriversi a un corso che glielo insegni*, e il modo migliore per sentirsi soddisfatti dell’apprendimento è quello di seguire il proprio obiettivo senza accanirsi, sposando per così dire, una certa flessibilità nelle aspettative: per il disegno è lo stesso. Dunque il mio secondo consiglio è di sfocare la vostra aspettativa. Che non significa non averne, ma renderla un po’ più nebulosa: quel tanto che serve a confondere il nostro giudice interno (talvolta davvero impietoso) ad accanirsi contro di noi, se non raggiungiamo i risultati che ci siamo imposti.

Disegnare bene dà sicuramente una grande soddisfazione,

non solo all’artista contento di sé e dei risultati raggiunti, ma anche all’appassionato che non ha intenzione di esporre i suoi lavori in galleria e che vuole trarre nutrimento da un meraviglioso veicolo creativo. E sentirci soddisfatti di noi, ci aiuta ad avere maggior stima e fiducia nelle nostre capacità, perché si instaura un circolo virtuoso legato alle nuove competenze acquisite e al proprio talento. Un appagamento che fa bene al nostro narcisismo sano, quello dell’autostima. Non usiamo questa grande risorsa creativa contro di noi con l’intento di valutarci con severità: l’errore è parte necessaria del percorso e un brutto disegno non ha mai ucciso nessuno.

L’errore non è un segnale lampante né della nostra mancanza di talento, né del nostro valore personale.

E poi c’è la gomma da cancellare, no?

Un ultimo consiglio: quando cedete alla tentazione di valutare voi stessi un po’ troppo negativamente con un disegno che non esaudisce le vostre aspettative, chiedetevi se è un atteggiamento che vi torna utile, oppure no. In caso di risposta affermativa, chiedetevi in cosa vi è utile e segnatevi le ragioni in una nota con la data scritta. Vi è utile a migliorarvi? Quanto tempo siete stati senza disegnare, dopo aver scritto quella nota?

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