
L’idea concreta: progettare col disegno.
Per chi ci segue da tempo, sa quanto per noi il disegno sia importante per la comprensione della realtà soprattutto nella sua riproduzione. Chi frequenta il Drawing Lab, sa bene come disegnare e riprodurre correttamente la realtà, sia preceduto dalla comprensione di questa. Solo dopo averla capita riusciamo a disegnarla bene, superando i conflitti tra ciò che vediamo e ciò che crediamo di vedere.
Il disegno, per l’artista (e non solo) è da sempre strumento d’indagine visiva, necessario a facilitare un’osservazione più attenta, come diceva Goethe
“Solo ciò che ho disegnato, ho veramente visto.”
Nell’intervista che abbiamo realizzato tempo fa al designer Riccardo Bocci, potete approfondire il rapporto che oggi hanno i creativi con il disegno e il progetto.
In questo articolo vogliamo parlarvi del disegno utilizzato a scopo progettuale, ossia quando è legato a un’idea e alla sua concretizzazione. Il progetto aiuta a razionalizzare visivamente l’idea, scomponendola, modificandola e aggiustando il tiro affinché il disegno si mostri versatile a tutte le figure professionali coinvolte. Dal costumista, all’ingegnere, il disegno ha la responsabilità di far capire a tutti qual è la direzione da prendere l’obiettivo da raggiungere.
Disegnare un’idea significa anche capirne i punti deboli
mostrandola ai diversi professionisti che la maneggeranno, e che dovranno elaborare soluzioni in linea con l’obiettivo da raggiungere. Progettare, come disegnare, è un’attività innata in ciascuno, sin dall’infanzia. Mio nipote di quasi sei anni, che i suoi progetti li chiama “ricette”, ricorre al disegno per aiutarsi a costruire. E per far capire agli altri come aiutarlo nell’impresa.
Torniamo dunque ad un concetto fondamentale di cui il disegno è portavoce, cioè che
disegnare é comprendere,
con tutte le fasi che la comprensione deve attraversare: dall’elaborazione delle informazioni alla loro messa in discussione. Dal togliere il superfluo a dover operare una scelta di campo, abbandonando ciò che ci piace perché non funziona: il disegno progettuale coltiva dentro di sé tutte le caratteristiche di base che affrontiamo al corso. Nonostante sia usato per costruire e non riprodurre.
La razionalizzazione delle informazioni avviene visivamente su un foglio di carta, perché
progettare significa anche comprendere il funzionamento delle cose:
quando studiavo a Parigi, ricordo che il professore di disegno ci fece disegnare a memoria una molletta. Per far si che fosse disegnata bene, è stato necessario capirne il funzionamento, prima, e soltanto dopo questo passaggio, ho ottenuto una molletta attendibile.
In questo articolo abbiamo scelto tre disegni non a caso, e per tre motivi diversi che voglio illustrarvi:
Fig.1
La caffettiera Moka Express Bialetti.
Forse una delle invenzioni più affascinanti ed ingegniose che ci abbia consegnato la storia. Vera icona del design industriale, elemento immancabile nelle case di ogni italiano (e non solo). Inebria le nostre case ogni mattina con l’odore di caffè.
La mattina presto, camminando per strada, si può sentire anche da fuori l’odore buonissimo che sprigiona il caffè appena fatto. Per un istante si entra nelle case di tutti, sentendosi famiglia.
Brevettata nel 1933 da Alfonso Bialetti, nei suoi pensieri già da un decennio: quando vide alcune lavandaie utilizzare un sistema ingegnoso per lavare i panni. Si trattava di un tubo che faceva fuoriuscire acqua calda e sapone insieme, cospargendo tutto sui panni dentro una vasca. C’è da dire che la famosa macchinetta del caffè non è mai cambiata e soprattutto mai sono cambiati i materiali di cui è composta. Alluminio, e bachelite per il manico. Eppure, ancora oggi svolge egregiamente il suo compito, perfetta sintesi tra tradizione e innovazione.
L’abbiamo scelta non solo per ciò che rappresenta, ma perché dimostra come attraverso il disegno possiamo concretizzare un’idea geniale e metterla al servizio della quotidianità.
Fig.2
Carlo Rambaldi, studio con posizioni e movimenti di ET.
Forse perché ci è piaciuta la mostra “La meccanica dei mostri”, ma due dei tre disegni scelti sono progetti realizzati dalla mente visionaria di Carlo Rambaldi. In questo studio sulla figura di ET, l’artista illustra nel dettaglio le diverse componenti dell’extraterrestre. Dalla meccanica dell’ossatura agli involucri che lo rivestono, con una precisione ed angolazione addirittura familiare a certi studi anatomici di Leonardo Da Vinci. Abbiamo un esempio chiaro di disegno funzionale, che offre un’immagine anatomica scientifica e precisa di un personaggio fantascientifico. Che dialoga con tutti i professionisti coinvolti nella costruzione di un’intramontabile icona del cinema.
Fig.3
Carlo Rambaldi, Da gatto Kikka a ET.
La particolarità di questo disegno di Rambaldi, è nelle fasi che portano a sviluppare l’idea finale. Da un animale domestico (il gatto Kikka) al famoso extraterrestre ET. L’artista opera un passaggio che in tre fasi lo porta dal reale all’immaginario. Ne evidenzia la trasformazione mantenendo intatta l’attendibilità anatomica felina, che porta il celebre ET a mantenere con il pubblico un rapporto di familiarità.

Fig.2 Carlo Rambaldi, studio con posizioni e movimenti di ET

Fig.3 Carlo Rambaldi, Da gatto Kikka a ET