Il Drawing Lab incontra il fumettista Alberto Madrigal

Il Drawing Lab incontra il fumettista Alberto Madrigal

“Tutti cerchiamo un modo veloce per fare qualcosa o imparare qualcosa.

Invece è molto bello che esista il mestiere, e che attraverso

il fare una cosa molte volte si possa acquisire capacità e consapevolezza.”

Alberto Madrigal

“Un lavoro vero” di Alberto Madrigal

Grazie Alberto per aver accettato di rilasciarci questa intervista. Io ho letto con molto interesse “Un lavoro vero”, sarà che il disegno è una parte fondamentale nella mia vita. Ma soprattutto perché attraverso questa graphic novel ti è stato possibile affermare che disegnare può essere un lavoro, nonostante da molti non sia riconosciuto come tale. E’ stata una risposta definitiva per te questo libro?

Ammetto che mi è capitato spesso di ricevere domande relative alla figura professionale del disegnatore. Non è questo comunque il motivo che mi ha spinto a realizzare “Un lavoro vero”. Io l’ho scritto un po’ perché quando mi sono trasferito otto anni fa, avevo deciso di realizzare fumetti per lavoro, ovvero non più come hobby. Però soltanto dall’anno scorso ci sono definitivamente riuscito. Per tanti anni ho studiato tanto, a casa da solo, coi libri.

Ho disegnato tutti i giorni per tutto il giorno.

Quando ho scelto di farlo come mestiere, sapevo che avrei dovuto imparare tanto e studiare tanto facendo pratica. Dovevo disegnare tutti i giorni per tante ore. Durante quei sei anni, vivendo in un posto nuovo, ho conosciuto tante persone e normalmente la prima domanda che ti viene rivolta è: “che cosa fai nella vita?”. È molto strano dire faccio – o provo a fare – il fumettista, quando nemmeno tu ancora ci credi. Questo libro è arrivato dopo anni in cui volevo solo disegnare, non volevo scrivere e nemmeno colorare. Volevo prendere la sceneggiatura di un’altra persona, proporre un progetto insieme e mettermi a disegnare. Però non ci sono mai riuscito perché durante queste collaborazioni proponevamo un progetto agli editori, e puntualmente ci rifiutavano. Nel frattempo

eseguivo lavori come illustrazioni, inviti per matrimoni o disegni di supereroi ma non per grossi editori.

Lavoravo per gente che aveva l’hobby di scrivere e mi pagava per disegnare. Quindi dopo tanto impegno, alla fine mi ritrovavo senza soldi. Era molto difficile all’inizio guadagnare qualcosa con l’illustrazione. Io ero andato via dopo aver messo da parte dei soldi risparmiati grazie al lavoro di informatico, che avevo svolto in Spagna per tanti anni. Quando non avevo proprio più soldi ed ero in crisi, ho trovato un lavoro in una ditta – che poi è quella di cui parlo nel libro – in cui mi sono occupato di disegnare grafiche per i videogiochi di Facebook. Quel lavoro l’ho trovato per caso e in un momento molto brutto. Era il lavoro perfetto in realtà, nel senso che pagavano tantissimo, e mi trattavano benissimo. Un sogno. Io ci ho lavorato per quasi due anni, ma già dopo tre mesi non ce la facevo più. Volevo continuare a disegnare fumetti, ma mi mancava il coraggio di lasciare quel lavoro così buono.

Perciò il libro “Un lavoro vero” è nato in questo momento, in cui avevo addirittura perso il sonno per la paura di lasciare un ottimo impiego per seguire quello che desideravo.

Durante una di queste notti insonni ho cominciato a scrivere, e credo si trattasse di cose che non riuscivo a dire a voce alta. Quando è nato il libro, lavoravo cinque giorni a settimana. Perché stavo così male, se avevo un lavoro figo? Quando ho finito di riempire quel foglio sul quale avevo passato la notte a sfogarmi, pensai che era proprio quello il contenuto che avrei potuto illustrare. Senza mostrarlo a nessuno, nemmeno alla mia famiglia o alla mia fidanzata. Per la prima volta ho deciso di disegnare qualcosa per esprimere un mio sentimento.

Non volevo più fare bella figura, non volevo essere bravo, non volevo raccontare qualcosa col disegno.

Quanto impegna disegnare una graphic novel?

L’impegno è molto personale, dipende da ciascun autore e ognuno è diverso. Per questo libro ho impiegato un anno e mezzo, però anche perché era il primo e dovevo capire tante cose. Molte tavole ho dovuto rifarle. Ora, per il secondo libro, ho impiegato quasi un anno di lavorazione.

E il titolo del prossimo libro qual è?

Eh.. Stiamo ancora decidendo. Ho una cosa in mente ma è stata già utilizzata quindi…

Su quali supporti disegni?

“Un lavoro vero” l’ho realizzato tutto su fogli di carta normali. All’inizio volevo realizzarlo interamente in acquarello, ma mi sono reso conto che non ne avevo il coraggio, trattandosi per giunta del mio primo libro. L’ho realizzato in bianco e nero e poi l’ho colorato al computer. All’inizio lo facevo su dei fogli di carta speciali, ma questo mi aggiungeva più stress perché sentivo che doveva essere perfetto.

Poi si alzano anche i costi durante la lavorazione…

Sì, ma è più che altro un fatto mentale. Quindi alla fine ho utilizzato un quaderno, certo con dei fogli carini. Ma comunque un quaderno.

Sono previste mostre di “Un lavoro vero?”

Per il momento non so risponderti. Ne ho fatte alcune a Berlino e a Treviso. Però non ho idea, perché non vado io a proporlo. Ma a te li posso mostrare un giorno che passo per Roma.

Hai dei vincoli editoriali riguardo alle presentazioni dei tuoi libri, ad esempio sulla scelta dei posti in cui proponi la tua opera?

No.

Ho una curiosità in sospeso sul personaggio principale di “Un lavoro vero”, Javi. Il tuo protagonista dice spesso che vorrebbe disegnare ma che non può, o non riesce a farlo. Mi sono chiesta se attraverso quel personaggio hai raccontato un aspetto di te, e se il disegno è una tua esigenza indipendente dalla professione.

Sì, ammetto che in realtà è un po’ strano. Durante i miei primi tentativi di realizzare fumetti mi sembrava assurdo disegnare per tantissime ore al giorno, perché è tanto faticoso. Eppure, non riesco a stare più di un giorno senza farlo.

Se vado in vacanza per esempio, è il momento in cui ho più voglia di disegnare perché sono libero. Il problema è che quando “devi” disegnare, ti blocchi.

Almeno a me succede così. Ed è tutta una cosa mentale, perché quando lavoravo in ditta – come racconto nel libro – disegnavo tutto il giorno, ma mi dicevano cosa disegnare quindi per me non contava. Non mi davo pace. Stavo tanto male perché non avevo il tempo, e nemmeno la testa. Nonostante avessi la voglia di disegnare. È così che è iniziato il libro. All’inizio era difficile confrontarmi con le mie aspettative, mentre lavoravo al libro. Perché quando sai che hai deciso di realizzare un progetto, dovrai costruirlo con pazienza per tanto tempo, senza che sia certa la pubblicazione. Ogni volta che tocchi la carta pensi che dovrai farlo bene. Però esistono dei trucchi che riescono a eliminare questi blocchi psicologici. Io ad esempio usavo fogli non troppo pregiati. Mi liberavo da un’angoscia che era tutta mia, nessuno me la imponeva. Il fatto è che quando decidi di farlo come mestiere non te lo godi più tanto, però è colpa tua se non riesci a sentirti libero. Quando sei riuscito a realizzare il primo libro, dopo hai l’aspettativa dei lettori con cui confrontarti. Questione alla quale prima, non avevo mai dovuto pensare.

24H Drawing Lab incontra Alberto Madrigal e vi consiglia “Un lavoro vero” | Bao Publishing

http://www.amazon.it/Un-lavoro-vero-Alberto-Madrigal/dp/8865431857

Di rivka spizzichino

Photographer, Drawing teacher.

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