24H Drawing Lab incontra Orio Geleng

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24H Drawing Lab incontra Orio Geleng

Salve disegnatori!

Oggi vogliamo farvi incontrare l’artista che i nostri corsisti già conoscono grazie alla monografia “Ritmo Cardiaco” in omaggio durante il nostro corso 24hdrawinglab!

Lui è un giovane artista in una grande famiglia di artisti, il cui nome è legato al cinema e alla straordinaria figura di Federico Fellini. Orio Geleng, penultimo rampollo di questa pittorica discendenza, segna col suo stile energico e vibrante un taglio generazionale netto rispetto ai suoi illustri predecessori.

Tra le forme irregolari di quei colori accesi, interrotti di tanto in tanto dai tratti primordiali che segnano l’abbandono quasi totale del figurato, Orio depone i lembi del suo vissuto – tra linguaggio e sogno – suggellando queste tracce in un esito ermeticamente autobiografico.

Orio grazie per averci dedicato il tempo di questa intervista…

Grazie a voi! Mi fa molto piacere che mi abbiate chiesto di intervenire! Complimenti per questo corso che riesce in brevissimo tempo a dare in mano strumenti che aprono la strada alla creatività e abbatte la frase fatta: “non so nemmeno tenere la matita in mano”.

Quali sono i primi disegni che ricordi di aver creato?

Ricordo i miei primi disegni. Ero molto piccolo, non mi ero ancora trasferito la prima volta a Foligno, quindi era prima del 1988. Il pomeriggio mi mettevo seduto sulle scalette di legno di casa mia, che dal piano terra portavano di sopra e disegnavo ore, e la cosa buffa era il soggetto che si ripeteva: rappresentavo con linee e cerchi, quelle che io definivo delle automobili.

 Ne conservi ancora qualcuno?

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Ne ho conservato uno in particolare che ho voluto incorniciare! 

 L’arte come carriera. Quando hai capito che intraprendere questo percorso sarebbe diventato il tuo lavoro?

Verso la fine del 2002. Un mio amico ha insistito perché facessimo con altre persone, una mostra collettiva. Fino a quel periodo mi rendevo conto di essere bravo solo nel disegno dal vero, la cosa mi dava soddisfazione, ma non avevo ancora pensato seriamente alla carriera di artista, tanto meno di iniziare a fare mostre. In quella mostra collettiva, chiamata “La quinta stagione” preparata in breve tempo alla fine del 2002 e presentata nel gennaio 2003, mi sono sbloccato provando una pittura più personale che riprendesse le mie sensazioni del momento.

Mi sono ritrovato ad osservare le mie mani all’opera in una gestualità così sicura ed istintiva, con l’aggiunta di una velocità che mi ha sorpreso. Questo è il mio territorio, ho pensato.

Ho familiarizzato subito con tempere ed acrilici, colori che si seccano rapidamente (a differenza dei colori ad olio), e che si adeguano al mio tipo di gestualità.

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Potresti descrivere ai nostri disegnatori lo stato mentale che accompagna la creazione di un tuo quadro?

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 Lo stato mentale, vediamo… Direi che è un tuffo nell’inconscio. Non a caso le chiamo “opere oniriche”. Io sogno quando dipingo. Spengo la musica e aspetto il silenzio totale, anche di notte, così… Non mi sveglio. Mi trovo spesso ad abbandonare la logica e la razionalità mentre dipingo, come succede nei sogni (ecco perche è così interessante il mondo onirico). Mi sono reso conto che in quei momenti non osservo verso l’esterno, ma verso l’interno, dove sicuramente vado a ripescare esperienze vissute, ma diventate totalmente mie, senza più interferenza con il fuori.

L’universo è una componente fondamentale nella tua ricerca stilistica. Come mai è un tema tanto ricorrente?

L’Universo è forse uno degli argomenti che mi ha maggiormente interessato “da sveglio”. Quel silenzio, quell’immensità dovrebbero ridimensionare il pensiero umano, spesso troppo egocentrico. Chiudo gli occhi, penso all’espansione dell’Universo provocata dall’inflazione primordiale 13,7 miliardi di anni fa. Rimango affascinato, senza parole, e provo a portare – su questo nostro minuscolo pianetino – il pensiero, con la mia gestualità.

In molte tue opere ti esprimi attraverso un tuo particolare simbolismo, costituito da solchi sui pigmenti per ricavarne dei tratti primordiali e farli emergere dal materico. Cosa rappresenta questa scelta stilistica nella tua ricerca?

Pensate che questa cosa la noto sempre a quadro terminato! Immaginate quanto veramente io stia sognando! Solchi e tratti… Un po’ come “fratture” del cosmo in cui si concentra la gravità che con l’aiuto di energia oscura, raggruppa stelle fino a formare galassie, e da queste, gli ammassi di galassie, fino a superammassi!

Come nello spazio, da cosa nasce cosa. Credo di fare lo stesso.

Ogni tratto, a livello inconscio, mi fa chiamare un altro tratto. E non me ne rendo conto. Quindi, non è una scelta. O almeno non è una scelta razionale.

Molti dei nostri corsisti vengono da noi nel tentativo di superare la paura dello spazio bianco, che sia un foglio o una tela. Tu che sei tanto energico, quale consiglio daresti ai disegnatori meno temerari?

Se fosse l’ultimo foglio sulla faccia della terra, capirei quel disegnatore meno temerario! 

Scherzi a parte, rispondo esponendo il mio rituale: ho una tela bianca (anzi nel mio caso una tavola). Non mi incute timore però mi disturba perché

ho un disperato bisogno di vedere al più presto degli elementi.

E allora faccio una cosa che non sapevo di fare, ma che mi hanno fatto notare … Inserisco casualmente dei veloci segni utilizzando, penne, matite, acrilici (prendendo colori a caso), carboncini.  Ecco, tutto ciò che ho davanti agli occhi adesso, non si vedrà a fine opera, verrà tutto coperto. L’utilità di questa casualità è che adesso lo spazio non più bianco mi suggerisce il tipo di equilibrio e di colore che l’opera richiede. E quindi il passo successivo – adesso che la tavola non mi disturba più – è estraniarmi ulteriormente e “sognare”.

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Il disegnatore meno temerario dovrebbe tenere a mente che QUEL foglio non rappresenterà la sua unica opera. E’ un gradino che deve salire solo con lo scopo di allenarsi. Se teme un foglio bianco, al tempo stesso capirà che non ne teme 100 di fogli bianchi.

100 fogli appunto me li portavo dietro quando andavo a disegnare i panorami della Capitale, con la consapevolezza che non avrei realizzato 100 capolavori! Non davo importanza al soggetto, a volte non mi interessava, ma l’unica cosa certa è che stavo facendo un’ottima pratica!

Appoggiate la punta della matita sul foglio, scommettiamo che non rimarrete fermi?

Buon lavoro, ragazzi!

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Per informazioni sulle mostre e sull’attività in generale di Orio Geleng potete collegarvi al sito oriogeleng.com!

Di rivka spizzichino

Photographer, Drawing teacher.

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